Messa alla prova con sospensione del procedimento

Sommario

Messa alla prova con sospensione del procedimento1 – Istituto della messa alla prova1.1 – Riforma Cartabia ed ampliamento dell’ambito di applicazione della MAP1.2 – Messa alla prova minorile1.3 . Lavori di pubblica utilità per guida in stato di ebbrezza3 – Soggetti3.1 – Imputato3.2 – Avvocato3.3 – Giudice3.4 – Pubblico ministero3.5 – UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna)3.6 – Ente per lo svolgimento4 – Condizioni di ammissibilità4.1 – Requisiti formali4.2 – Presupposti oggettivi4.3 – Presupposti soggettivi4.4 – Enti ex D.lgs. 231-20015 – Modalità e termini per la richiesta5.1 – Valutazione del giudice5.2 – Rimedi contro le ordinanze sulla messa alla prova6 – Programma di trattamento e ruolo dell’Uepe7 – Effetti dell’ammissione8 – Esecuzione del programma9 – Esiti e revoca9.1 – Esito positivo9.2 – Esito negativo9.3 – Revoca della messa alla prova10 – Diritto Intertemporale11 – Casistica12 – Criticità12.1 – In generale12.2 – Problematiche applicative12.3 – Possibili soluzioni pratiche12.3.1 – Scelta di enti non convenzionati12.3.2 – Valutazione esito senza relazione Uepe12.3.3 – Proposta condizionata di messa alla prova13 – Norme13.1 – Codice penale13.2 – Codice di procedura penale13.3 – Disposizioni di attuazione al codice di procedura penale13.4 – Altre norme13.5 – Norme che hanno introdotto modifiche14 – Giurisprudenza15 – Bibliografia16 – Risorse17 – Appendice normativa18 – LegendaTodoDoneNote

1 – Istituto della messa alla prova

L’Istituto della Messa alla Prova (MAP) per gli adulti in Italia è stato introdotto con la legge n. 67 del 28 aprile 2014 (entrata in vigore il 17.05.2014) emanata nell’ambito di una delega al Governo avente ad oggetto anche la riforma delle pene detentive non carcerarie e, più in generale, il sistema sanzionatorio. Con la cd. messa alla prova (mutuata dalla tradizione anglosassone delle «probation») lo Stato rinuncia ad esercitare la propria potestà sanzionatoria, a condizione che giunga ad esito positivo un periodo di prova, durante il quale il beneficiario deve attenersi ad apposite prescrizioni debitamente controllato dall’Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe), al fine di perseguire tre obiettivi:

  • rendere utile per la collettività chi «ha sbagliato», ponendo in essere una forma di emenda alla propria azione lesiva delle regole della convivenza civile,
  • predisporre per il medesimo soggetto un percorso di reinserimento alternativo e, per tal via,
  • deflazionare le aule giudiziarie da procedimenti relativi a figure criminose per lo più bagatellari, grazie all’estinzione del reato, quale effetto del buon esito della prova.

Da un lato l’imputato rinuncia al processo ordinario e riceve il vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo e dall’altro l’istituto persegue scopi social preventivi anticipando la risocializzazione del soggetto evitando le fasi processuali dell’accertamento del reato e dell’esecuzione della sentenza di condanna (C. Cost.. 27 apr. 2018, n. 91). Emerge, dunque, il duplice rilevo rivestito dalla misura in esame: quello sostanziale, quale causa di estinzione del reato, e quello processuale, come strumento di deflazione dei procedimenti penali.

Rappresenta anche il soddisfacimento delle istanze europee in ordine alla necessità di riformare un sistema sanzionatorio incentrato sulla detenzione inframuraria; aspettativa esplicitata nella condanna inflitta all’Italia nel caso Torreggiani contro Italia del 8.1.2013. Inoltre, la «messa alla prova» contribuisce a ridurre la durata media del processo e riveste, pertanto, una importanza strategica rispetto agli obiettivi del P.N.R.R. e di efficienza complessiva della giustizia penale.

Dal punto di vista pratico, una volta che il Tribunale ritenga di ammettere l’imputato alla messa alla prova incarica l’UEPE di elaborare un idoneo programma di trattamento e, ricevuto quest’ultimo, sospende il processo per il tempo ritenuto necessario e congruo per lo svolgimento della messa alla prova richiedendo all’UEPE di far pervenire una relazione conclusiva una volta terminata la messa alla prova. Laddove la relazione abbia un contenuto positivo il Tribunale potrà dichiarare estinto il reato, mentre in caso di esito negativo o, laddove vi sia impossibilità imputabile all’imputato di procedere allo svolgimento della messa alla prova, il Giudice potrà disporre, con ordinanza, la revoca della messa alla prova ed in tal caso il processo riprenderà il suo corso. La messa alla prova, inoltre, può essere prorogata una sola volta e, in caso di revoca essa non potrà più essere riproposta.

Quadro di sintesi dell’istituto
FinalitàLa messa alla prova ha l’obiettivo di evitare la condanna penale attraverso il reinserimento sociale e il ripristino della legalità da parte del reo (riparazione sociale e individuale del torto connesso alla consumazione del reato). L’istituto ha anche marcate finalità deflattive.
ApplicabilitàÈ applicabile per reati meno gravi (con pena detentiva non superiore a quattro anni) e su richiesta dell’imputato.
ProceduraL’imputato, d’accordo con il proprio difensore, richiede la messa alla prova al giudice. Il giudice, valutate le condizioni, può sospendere il processo e concedere la messa alla prova, stabilendo le prescrizioni da seguire.
Esito positivoSe l’imputato rispetta le prescrizioni e svolge positivamente la messa alla prova, il reato è estinto.
Esito negativoIn caso di mancato rispetto delle prescrizioni o di esito negativo della messa alla prova, il processo penale riprende.

1.1 – Riforma Cartabia ed ampliamento dell’ambito di applicazione della MAP

Il D.lgs. 150/2022, noto come riforma Cartabia, ha ampliato il numero dei reati per i quali si può beneficiare della messa alla prova. Fra le molte novità introdotte dalla riforma Cartabia si annovera anche l’estensione del potere di richiedere l’accesso alla messa alla prova. Infatti il nuovo art. 168 bis c.p. prevede che la messa alla prova possa essere richiesta non solo per i reati puniti entro il massimo edittale di quattro anni di pena detentiva (termine immutato) ma anche “per i delitti indicati dal comma 2 dell’art. 550 c.p.”, anch’esso interessato dalla novella legislativa. Inoltre, già nella fase delle indagini viene esteso, ai sensi dell’art. 464 ter 1 c.p.p., al Pubblico Ministero la possibilità di proporre alla persona sottoposta ad indagini la sospensione del procedimento con messa alla prova, indicando la durata e i contenuti essenziali del programma trattamentale entro il termine di venti giorni; la persona sottoposta ad indagini può aderire alla proposta con dichiarazione resa personalmente o a mezzo di procuratore speciale, depositata presso la segreteria del pubblico ministero”. Nel corso del dibattimento, ai sensi dell’art. 464 bis c.p.p. la richiesta può essere formulata personalmente o a mezzo di procuratore speciale fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento o, nel procedimento a citazione diretta, fino alla conclusione dell’udienza predibattimentale ex art. 554 bis c.p.p.

1.2 – Messa alla prova minorile

Conosciuta già dall’ordinamento processuale italiano, in ambito minorile (ove è esperibile nella fase dell’udienza preliminare) e nella fase di esecuzione nel procedimento per adulti (quindi successivamente alla condanna del reo), la messa alla prova è stata estesa con la legge del 2014 anche ai maggiorenni anche per ovviare alle criticità del sistema penale, riconducibili sostanzialmente all’inflazione procedimentale e al sovraffollamento carcerario.

La messa alla prova dell’imputato minorenne limita il ricorso al carcere e la permanenza nel circuito penale del minore e ha lo scopo di non farli commettere altri reati ma anche la finalità di attivare un percorso di maturazione e cambiamento affinché minore si dissoci dalla scelta deviante virgola e si reinserisca nella vita della collettività (Cass. pen. n. 10962, 08.07.1999; Cass. pen., n.1600, 07.04.1997)

1.3 . Lavori di pubblica utilità per guida in stato di ebbrezza

Per i reati previsti dal Codice della Strada (guida in stato di ubriachezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti), è previsto che la pena detentiva e pecuniaria possa essere sostituita con lavori di pubblica utilità. Essi sono realizzati presso Enti locali o associazioni che hanno sottoscritto una convenzione con il Tribunale. Gli enti ed associazioni mettono a disposizione un numero variabile di posti disponibili che sono regolarmente utilizzati a questo scopo. I lavori di pubblica utilità possono consistere nella prestazione di opera materiale o intellettuale, quali, ad esempio, i servizi di manutenzione del verde, o di assistenza alla persona, o di collaborazione alle attività degli enti che operano nel sociale; unico onere a carico dell’ente convenzionato è la copertura assicurativa INAIL, per gli enti locali, o volontaria per gli altri enti. La sanzione viene disposta dal giudice su richiesta dell’imputato, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art 444 del codice di procedura penale (patteggiamento). Con la sentenza di condanna il giudice individua il tipo di attività, nonché l’ente o l’amministrazione presso la quale deve essere svolto il lavoro di pubblica utilità. La prestazione di lavoro non retribuita ha una durata corrispondente alla sanzione detentiva irrogata (la durata della pena detentiva irrogata e corrispondente a un giorno, inteso come due ore, di lavoro di pubblica utilità, che corrisponde anche a 250 euro di pena pecuniaria).

3 – Soggetti

3.1 – Imputato

  • Requisiti soggettivi: chi può accedere a questo istituto
  • Limiti oggettivi: per quali reati è applicabile
  • Quando e come può essere richiesta

3.2 – Avvocato

L’ avvocato può svolgere un ruolo cruciale nel garantire che la messa alla prova del suo assistito si svolga con successo e in modo utile. Ecco alcune strategie specifiche che possono fare la differenza:

  1. Preparazione accurata del programma di trattamento: Un buon avvocato lavorerà a stretto contatto con l’UEPE per sviluppare un programma di trattamento dettagliato e realistico, che tenga conto delle risorse disponibili e delle esigenze del cliente. Questo include l’identificazione di enti disponibili per i lavori di pubblica utilità e la negoziazione di termini accettabili.
  2. Documentazione completa e accurata: Fornire una documentazione dettagliata e convincente al giudice è fondamentale. L’avvocato deve raccogliere tutte le informazioni rilevanti sul contesto socio-familiare e lavorativo del cliente, includendo lettere di supporto da parte di familiari, datori di lavoro e altre figure significative nella vita del cliente.
  3. Gestione delle relazioni con l’UEPE: Mantenere una comunicazione efficace e regolare con l’UEPE per monitorare il progresso del cliente e risolvere tempestivamente eventuali problemi che possono sorgere durante la messa alla prova. Questo include la verifica che le relazioni periodiche siano accurate e che eventuali modifiche necessarie al programma siano implementate rapidamente.
  4. Interlocuzioni con il giudice e il pubblico ministero.
  5. Consulenza continua al cliente: Fornire al cliente un supporto continuo e consigli pratici su come rispettare le condizioni della messa alla prova. Questo può includere suggerimenti su come gestire gli impegni lavorativi e personali per adempiere alle prescrizioni del giudice e dell’UEPE.
  6. Advocacy presso il giudice: L’avvocato deve essere pronto a presentare una difesa forte e ben argomentata per il cliente in tribunale, evidenziando i progressi fatti durante la messa alla prova e rispondendo a eventuali preoccupazioni del giudice riguardo al rischio di recidiva o altri fattori di rischio.
  7. Ricerca di soluzioni alternative: In caso di difficoltà nel trovare enti disponibili per i lavori di pubblica utilità, l’avvocato può esplorare altre opzioni o suggerire programmi alternativi che possano soddisfare le esigenze del tribunale e dell’UEPE, mantenendo comunque un focus sul reinserimento sociale e sulla riabilitazione del cliente.

Un avvocato che adotta queste strategie può aumentare significativamente le possibilità di successo della messa alla prova del suo assistito, garantendo che il processo sia gestito in modo efficiente e che il cliente abbia le migliori opportunità di reintegrarsi nella società.

3.3 – Giudice

La concessione del benefìcio è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva riguardo all’efficacia riabilitativa e dis­suasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito negativo (Cass. 9581/2016).

Giurisprudenza In proposito, si afferma in giurisprudenza che il giudizio in merito all’adeguatezza del programma presentato dall’imputato va operato sulla base degli elementi evocati dall’art. 133, in relazione non soltanto all idoneità a favorirne il reinserimento sociale, ma anche all’effettiva corrispondenza alle condizioni di vita dello stesso, avuto riguardo alla previsione di un risarcimento del danno corrispondente, ove possibile, al pregiudizio arrecato alla vittima o che, comunque, sia espressione dello sforzo massimo sostenibile dall’imputato alla luce delle sue condizioni economiche, che possono essere verificate dal giudice ex art. 464bis, comma 5, c.p.p. (Cass. 34878/2019).

La sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta quando il giudice, in base ai parametri di cui all’articolo 133, reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati A tal fine, il giudice valuta anche che il domicilio indicato nel programma dell’imputato sia tale da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato. Nell’ordinanza che dispone la sospensione del procedimento, il giudice stabilisce il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi relativi alle condotte riparatone o risarcitorie imposti devono essere adempiuti, termine che può essere prorogato, su istanza dell’imputato, non più di una volta e solo per gravi motivi. Il giudice può altresì, con il consenso della persona offesa, autorizzare il pagamento rateale delle somme eventualmente dovute a titolo di risarcimento del danno.

3.4 – Pubblico ministero

Il D.lgs. 150/2022 (riforma Cartabia del processo penale) ha modificato l’art. 168bis, rendendo possibile anche al P.M. proporre all’imputato la sospensione del procedimento.

3.5 – UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna)

Un ruolo cruciale nella messa alla prova è giocato dal servizio sociale, che ha il compito di valutare la fattibilità del programma proposto e monitorarne l’andamento. La valutazione dell’Uepe si basa su diversi fattori, tra cui la situazione familiare, lavorativa e personale dell’imputato. Il nostro obiettivo è quello di favorire un percorso di responsabilizzazione e reinserimento sociale.

3.6 – Ente per lo svolgimento

4 – Condizioni di ammissibilità

La disciplina della messa alla prova è stata significativamente modificata dal D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia), che ha esteso l’ambito di applicazione dell’istituto anche a reati più gravi, con l’eccezione di reati particolarmente violenti o contro la persona. Gli imputati possono presentare la richiesta già in fase di indagini preliminari, e il giudice deve valutare tempestivamente la sussistenza dei presupposti per la concessione. Anche il pubblico ministero può proporre all’indagato il ricorso alla messa alla prova. Ai fini dell’ammissione dell’istituto il legislatore ha previsto requisiti formali, a tutela della volontarietà della scelta, e presupposti applicativi sia di natura oggettiva sia di natura soggettiva, che sottendono valutazioni di compatibilità dei reati o delle tipologie di delinquenza con l’istituto in questione.

4.1 – Requisiti formali

Occorre che la richiesta sia formulata dall’indagato/imputato, oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con sottoscrizione autenticata in caso di conferimento della procura speciale: la ratio della procura speciale si rinviene evidentemente nella necessità, in capo all’indagato/imputato, di consapevolezza dei contenuti afflittivi della prova e della mancanza di un accertamento nel merito della responsabilità. La richiesta in questione deve essere corredata di un programma di trattamento elaborato dall’Ufficio esecuzione penale esterna competente per territorio, ovvero da un’istanza rivolta al medesimo Ufficio e finalizzata alla sua elaborazione: tanto, in ragione dei termini estremamente brevi, come si vedrà, in cui è possibile avanzare istanza d’accesso all’istituto.

4.2 – Presupposti oggettivi

Il legislatore ha previsto che la richiesta si riferisca a un reato punito con la pena pecuniaria, con la pena detentiva fino a quattro anni ovvero a un reato che rientra fra quelli previsti dall’art. 550, c. 2, c.p.p. di competenza del tribunale monocratico con citazione diretta a giudizio.

Reati per cui può essere chiesta la messa alla provaart. 464-bis, c. 1, c.p.p.
Reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena edittale sono a 4 anni nel massimoart. 168-bis c.p.

Nella prassi si è subito posto il problema del perimetro della sanzione penale che rende ammissibile la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato. La questione è stata risolta dalle Sezioni Unite che hanno aderito all’orientamento favorevole all’estensione dell’ambito applicativo della messa alla prova, statuendo che, anche in ragione del mancato riferimento da parte della lettera della legge agli accidentalia delicti, ai fini della individuazione dei reati per i quali è ammessa la sospensione del procedimento con messa alla prova, occorre avere riguardo esclusivamente alla pena edittale massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione delle circostanze aggravanti, ivi comprese quelle per le quali la legge prevede una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale (Cass., SS.UU., 31.03.2016, dep. 01.09.2016, Sorcinelli). Inoltre, la Corte Costituzionale, sentenza n. 174 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 168-bis, quarto comma, c.p. nella parte in cui non prevedeva che l’imputato potesse essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova anche per reati connessi con altri per cui tale beneficio era già stato concesso. Questa decisione ha ulteriormente ampliato le possibilità di accesso all’istituto.

4.3 – Presupposti soggettivi

Sono esclusi dalla concessione del beneficio:

  • coloro i quali siano stati dichiarati delinquenti (o contravventori) abituali, professionali o per tendenza;
  • coloro che abbiano già beneficiato della messa alla prova (con esito positivo)

Quale la sorte dell’imputato per reati commessi da maggiorenne che abbia già usufruito del beneficio quando era minorenne? Potrà essere ammesso all’istituto contemplato dal processo per i maggiorenni? Ad avviso di chi scrive, in assenza di specifica previsione di legge che lo escluda, la risposta è affermativa per varie ragioni:

  • sono diversi i presupposti normativi
  • sono diverse le finalità e le modalità con cui vengono perseguite
  • sono diverse le fasi di maturità e consapèevolezza dell’individuo
  • sino diversi gli istituti sotto il profilo pratico: ad es. in quello per i minorenni non vi sono limiti di ammissibilità, non è previsto lo svolgimento di lavori di pubblica utilità e non è previsto alcuna riparazione dei danno

Fra i presupposti soggettivi non è contemplata, unitamente alle tipologia di delinquenza qualificata enunciate, la recidiva né è previsto che l’interessato per accedere all’istituto debba ammettere le proprie responsabilità: a quest’ultimo riguardo non potrebbe peraltro non evidenziarsi come la confessione sarebbe in sé incompatibile con la disciplina dell’istituto considerato che in caso di esito negativo della prova o di revoca della stessa il processo riprende e prosegue dalla fase in cui è stato interrotto sicché l’eventuale ammissione di responsabilità porrebbe evidenti problemi di tensione con le garanzie dell’imputato ritornato sub iudicio.

4.4 – Enti ex D.lgs. 231-2001

L’istituto dell’ammissione alla prova di cui all’art. 168bis non si applica con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al D.lgs. 8-6-2001 n. 231in quanto la messa alla prova dei maggiorenni ha natura di «trattamento sanzionatorio» penale, modulato sull’imputato persona fisica e sui reati allo stesso astrattamente riferibili, non estensibile, per il principio della riserva di legge, agli enti, la cui responsabilità amministrativa è riconducibile ad un «tertium genus» (Cass. Sez. Un. 14840/2023).

5 – Modalità e termini per la richiesta

La richiesta è presentata personalmente dall’imputato (anche oralmente in sede di udienza ma comunque corredava del programma scritto e della relativa richiesta all’Uepe) o tramite procuratore speciale. La richiesta di ammissione alla sospensione del processo con messa alla prova può essere avanzata anche prima l’esercizio dell’azione penale, infatti a tal fine è previsto che lo stesso pubblico ministero, ove ne ricorrano i presupposti, dia avviso all’indagato in ordine alla possibilità di accedere all’istituto in questione. Nel corso delle indagini preliminari, la richiesta deve essere presentata alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari il quale deve trasmetterla al pm per il parere. E’ ragionevole, tuttavia, ipotizzare in via di prassi un deposito contestuale della richiesta alla segreteria del pm, che di fatto detiene il fascicolo, anche al fine di consentire l’emissione del parere nel termine di cinque giorni: termine, quest’ultimo, di natura ordinatoria e come tale non stigmatizzabile nel caso di inerzia. Qualora il parere sia positivo, il pubblico ministero deve trasmettere il fascicolo unitamente alla formulazione dell’imputazione al giudice affinché fissi l’udienza in camera di consiglio e ne dia avviso alle parti e alla persona offesa che ha diritto di essere citata e sentita, pena la possibilità di esperire ricorso per cassazione. Il problema che si pone rispetto alla richiesta di ammissione alla prova in fase di indagini e, in particolare, alla formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero è se si tratti o meno di una forma di esercizio dell’azione penale considerato che il legislatore non ha integrato l’elenco degli articoli 60 e 405 c.p.p.). Ad avviso di chi scrive, anche per l’analogia di disciplina con la richiesta di patteggiamento in fase di indagini preliminari, che invece è espressamente contemplata dalle norme appena indicate fra le forme di esercizio dell’azione penale, tale dovrebbe considerarsi la formulazione dell’imputazione cui proceda il pm a seguito dell’istanza avanzata dall’indagato in fase di indagini preliminari. Dopo l’esercizio dell’azione penale la richiesta deve essere presentata: nel rito ordinario, entro le conclusioni in sede di udienza preliminare; nel rito direttissimo e nel procedimento con citazione diretta a giudizio, sino all’apertura del dibattimento; nel procedimento per decreto, con l’atto di opposizione; nel giudizio immediato, entro 15 giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 14/2020, ha dichiarato illegittimo l’art. 516 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova in seguito alla modifica dell’imputazione durante il dibattimento. Questa decisione ha ampliato le possibilità di richiesta dell’istituto anche in fasi avanzate del procedimento.

5.1 – Valutazione del giudice

Una volta presentata l’istanza corredata dal programma di trattamento, o dalla richiesta inoltrata all’Uepe e finalizzata alla sua elaborazione, il giudice procede alla valutazione nel corso della stessa udienza (salvo rinvio in attesa dell’elaborazione del programma) ovvero in un’udienza camerale della quale deve essere dato avviso alle parti e alla persona offesa per garantire il contraddittorio. Il giudice, che può disporre la comparizione dell’interessato per verificare la volontarietà della richiesta, deve valutare che sussistano i requisiti formali e le condizioni di applicabilità; che non risulti dagli atti la sussistenza di una causa di proscioglimento, nel qual caso deve emettere sentenza ex art. 129 c.p.p.; che il programma predisposto sia sufficientemente individualizzato e, come tale, idoneo con riguardo all’entità del fatto e alla capacità a delinquere del soggetto ex art. 133 c.p.; infine, che il soggetto non commetta ulteriori reati nel periodo di prova. Ai fini della valutazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo a sua disposizione nella fase del processo in cui si trova, ciò che viene prodotto dall’interessato, ciò che viene raccolto e offerto dall’Ufficio esecuzione penale esterna nel corso delle indagini socio familiari e delle relative valutazioni, nonché i risultati degli accertamenti eventualmente disposti d’ufficio. Qualora ritenga che non ricorrano i presupposti emette un’ordinanza reiettiva che, come vedremo, è ritenuta impugnabile unitamente alla sentenza. Qualora invece ritenga che ricorrano tutti i presupposti, emette un’ordinanza ammissiva, che viene iscritta nel casellario giudiziale ai sensi dell’art. 3, lett. I-bis), con la quale dispone la sospensione del processo per un periodo che non può essere superiore a un anno quando si tratti di reati puniti con pena pecuniaria, due anni quando si tratti di reati puniti con pena detentiva. La sospensione del processo a decorrere dal momento della sottoscrizione del verbale di messa alla prova, comporta la sospensione della prescrizione fino al termine determinato dal giudice, ma non impedisce l’assunzione delle prove a discarico, con le modalità del dibattimento e quindi con le garanzie del contraddittorio, alla stessa stregua di quanto previsto in tema di sospensione del procedimento per incapacità dell’imputato di cui agli artt. 70 ss.. Nel caso di sospensione del procedimento non si applica l’art. 75, comma 3, c.p.p.: pertanto ove la persona offesa e danneggiata dal reato si sia costituita parte civile prima dell’ammissione della sospensione del processo con messa alla prova, la stessa potrà esercitare l’azione civile nella sede sua propria senza incorrere nella sospensione del procedimento civile in attesa della definizione di quello penale.

5.2 – Rimedi contro le ordinanze sulla messa alla prova

Il legislatore ha previsto che contro l’ordinanza che decide sull’istanza di messa alla prova possano proporsi: a. Istanza di revisione del diniego all’ammissione, da parte dell’imputato, fornendo ulteriori elementi a supporto della propria ammissione; b. ricorso per cassazione, da parte dell’imputato e del pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa (art. 464-quater, c. 7, c.p.p.). La persona offesa, invece, può ricorrere autonomamente solo in caso di omesso avviso dell’udienza o di omessa audizione nel corso dell’udienza;

Le Sezioni Unite hanno statuito che la norma prevede l’impugnazione della sola ordinanza ammissiva, rimanendo impugnabile quella reiettiva unitamente alla sentenza, secondo il disposto generale dell’art. 586 c.p.p. Ciò sull’assunto secondo cui l’art. 464-quater, c. 7 c.p.p. farebbe riferimento all’ordinanza di accoglimento disciplinata ai commi precedenti e l’inciso previsto dall’ultima parte della stessa norma appena indicata – “l’impugnazione non sospende il procedimento” – farebbe riferimento esclusivamente al procedimento di messa alla prova a seguito di ordinanza di accoglimento della relativa istanza e non al procedimento penale in corso. Secondo i Supremi Giudici l’autonoma impugnabilità dell’ordinanza reiettiva con ricorso per cassazione potrebbe avere effetti dirompenti sul processo, poiché, non essendone prevista la sospensione, l’eventuale sentenza di annullamento con rinvio potrebbe intervenire in un momento in cui il processo sia già concluso con sentenza di condanna, anche ai fini civili.

c. appello dell’ordinanza di rigetto unitamente alla sentenza di primo grado, secondo la regola generale fissata dall’art. 586 c.p.p.

Poiché il dato normativo non esplicita quale ordinanza sia passibile di impugnazione con ricorso per cassazione, se solo l’ordinanza ammissiva o anche quella reiettiva, è insorto nell’applicazione dell’istituto un contrasto interpretativo sul punto che ha determinato la remissione alle Sezioni Unite della relativa questione. Nell’ottica della limitazione dei casi di regressione gli Ermellini hanno anche precisato che l’accoglimento dell’appello contro l’ordinanza che abbia respinto la richiesta di messa alla prova, proposto, ai sensi dell’art. 586 c.p.p., unitamente alla sentenza di condanna di primo grado, non comporta annullamento, non rientrando in alcuna delle ipotesi tassative indicate dall’art. 604 c.p.p..; sicché il giudice d’appello, in base al principio di conservazione degli atti e di economia processuale, si sostituisce a quello di primo grado e procede esso stesso a sospendere il processo e disporre la messa alla prova dell’imputato.

6 – Programma di trattamento e ruolo dell’Uepe

Le nuove normative hanno ridefinito il programma di trattamento, accentuando l’importanza della riparazione del danno e dell’impegno sociale. L’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe) gioca un ruolo centrale nella supervisione e nell’assistenza dell’imputato durante il periodo di prova, garantendo il rispetto delle prescrizioni.

La messa alla prova consiste in concreto nello svolgimento degli impegni indicati nel programma alla cui elaborazione dovrebbero contribuire l’indagato/imputato di concerto con l’ufficio esecuzione penale esterna competente per territorio, ovvero, quello del luogo di residenza o domicilio dell’indagato imputato, programma che sia stato ritenuto idoneo dal giudice o da questi modificato con il consenso dell’interessato. Gli elementi essenziali del programma contemplano: • le modalità di coinvolgimento dell’imputato, nonché del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile; • le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume an­ che al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatone e le restituzioni, nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale; • le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa.

Va detto che la individualizzazione del programma è “guidata” dalla previsione normativa (art. 141-ter disp. att. c.p.p.) dello svolgimento di indagini conoscitive da parte dell’Uepe, che ha un ruolo di primo piano nella procedura in quanto, oltre a predisporre il programma, prende in carico l’interessato, controlla lo svolgimento della prova, fungendo da canale di informazione privilegiata per il giudice con relazioni periodiche e una relazione finale, può frasi promotore di modifiche, abbreviazioni e persino della revoca della messa alla prova.

Quanto al contenuto del programma, l’art. 168-bis c.p. prevede anzitutto che la messa alla prova comporti la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato: questo, ovviamente, sempre che il reato, strutturalmente e nel caso concreto, abbia delle conseguenze nei termini indicati. Nella stessa ottica va valutata la possibilità di condotte volte a promuovere la mediazione con la persona offesa (art. 464-_bis, c. 4, lett. c)) qualora la stessa sia disponibile a intraprendere il percorso di mediazione con l’imputato.

Il secondo capoverso del comma 2 dell’art. 168-bis c.p. prevede poi che la messa alla prova comporti l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma che può implicare tra l’altro attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

La condicio sine qua non dell’ammissione all’istituto è tuttavia costituita dal lavoro di pubblica utilità ovvero art. 168-bis, c. 3, c.p da una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o presso enti od organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità non deve pregiudicare le esigenze di studio, lavoro, famiglia e salute dell’imputato e deve essere disposto per una durata giornaliera non superiore ad otto ore e per un minimo di dieci giorni, anche non continuativi; non è contemplata, la durata massima ancorché tale possa ritenersi la durata prevista per la prova, ovvero un anno, nel massimo, quando si tratti di reati puniti con pena pecuniaria, due anni, nel massimo, quando si tratti di reati puniti con pena detentiva. Il problema che pone il lavoro di pubblica utilità è quello della concreta operatività, allorquando non vi siano oggettive possibilità presso le categorie di enti previste dalla legge disponibilità che tengano conto delle professionalità e attitudini dell’imputato. Deve ritenersi, tuttavia, che tale evenienza non possa precludere l’accesso al rito qualora l’imputato si sia attivato per tempo e seriamente per trovare l’occasione lavorativa senza riuscirci, procedendosi all’approvazione del programma con le altre prescrizione imposte ove ritenute idonee.

7 – Effetti dell’ammissione

Durante il periodo di applicazione della misura il corso della prescrizione del reato rimane sospeso (l’effetto sospensivo, peraltro, non si estende ai concorrenti, come sancito da espressa deroga al disposto dell’art. 161, comma 1). Il procedimento non può essere sospeso per un periodo superiore a due anni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, e superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.

La messa alla prova comporta per l’imputato: • attività riparatorio-risarcitorie, cioè la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato; • affidamento al servizio sociale, finalizzato allo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali; • lavoro di pubblica utilità, che consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.

8 – Esecuzione del programma

L’esecuzione del programma di trattamento viene monitorata costantemente dall’Uepe, che prende in carico l’imputato e ha il compito di controllare l’adempimento delle prescrizioni, relazionare al giudice, farsi promotore di interventi sulla prova e o sulla sua durata.

Gli esiti positivi della messa alla prova comportano l’estinzione del reato, mentre il mancato rispetto delle prescrizioni può portare alla revoca dell’istituto e alla ripresa del processo.

Quanto alle sanzioni accessorie, Cass. pen., sentenza n. 17779/2021, aveva chiarito che spetta al Prefetto applicare le sanzioni accessorie quando il reato è estinto per esito positivo della prova. Questa decisione ha contribuito a definire meglio i ruoli e le competenze nelle fasi successive alla conclusione positiva della messa alla prova.

Nota – La Cartabia è intervenuta sul punto stabilendo che l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova estingue anche le sanzioni accessorie.

Inoltre, la Cassazione (sez. III, sentenza 28/08/2017, n. 39455) ha stabilito che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non può essere applicato in conseguenza della declaratoria di estinzione per esito positivo della messa alla prova. Questa pronuncia ha chiarito gli effetti dell’esito positivo della prova su eventuali sanzioni amministrative connesse al reato.

Rispetto alla durata della prova è stato previsto che il giudice fissi un termine, diretto a garantire il più sollecito soddisfacimento della vittima del reato, entro il quale devono essere adempiute le condotte riparatorie o risarcitorie incluse nel progetto di trattamento. Può essere disposto altresì il pagamento rateale delle somme dovute a titolo di risarcimento con il “consenso della persona offesa”.

Cass. pen., sez. V, sentenza 7 giugno 2022, n. 22136 ha stabilito che il giudice, nel disporre la sospensione del procedimento con messa alla prova, non può determinare la durata del lavoro facendo generico riferimento ai parametri dell’art. 133 c.p. È necessario, invece, fornire una motivazione specifica che tenga conto delle peculiarità del caso concreto e delle finalità rieducative dell’istituto.

9 – Esiti e revoca

Alla scadenza del periodo di prova, l’ufficio esecuzione penale esterna trasmette al giudice una relazione dettagliata sul decorso e sull’esito della prova medesima: tale relazione, come quelle periodiche, deve essere depositata in cancelleria non meno di dieci giorni prima dell’udienza di cui all’art. 464-septies del codice, con facoltà per le parti di prenderne visione ed estrarne copia: tanto, al fine di poter interloquire compiutamente nell’udienza fissata per la decisione sull’esito.

9.1 – Esito positivo

Valutata dunque la relazione nel contraddittorio tre le parti, il giudice, allorquando ritenga che la prova abbia conseguito i risultati prefissati, pronuncia sentenza, ordinariamente impugnabile, con la quale dichiara il reato estinto, senza tuttavia pregiudizio per l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie che rimangono di competenza dell’autorità amministrativa (art. 168-ter c.p.).

L’estinzione comporta che il reato tamquam non esset, vale a dire: l’imputato esce completamente indenne dal processo avendo, quale unica conseguenza. l’annotazione amministrativa nel casellario al solo fine di non consentire l’usufruizione dell’istituto una seconda volta.

9.2 – Esito negativo

Qualora l’esito della prova sia negativo, il giudice, ai sensi dell’art. 464, comma 2-septies, c.p.p. dispone con ordinanza, non impugnabile (per il principio di tassatività, non essendone prevista l’impugnazione) che il processo riprenda il suo corso dalla fase in cui è intervenuta la sospensione: in tal caso, ove il processo esiti in una condanna definitiva, il pubblico ministero, in sede di esecuzione della pena, dovrà detrarre un periodo corrispondente a quello della prova eseguita ragguagliando, a norma dell’art. 657-bis c.p.p., tre giorni di prova a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a 250 euro di multa o di ammenda. Nel caso di prosecuzione del processo deve ritenersi che siano utilizzabili solo gli atti assunti nel contraddittorio delle parti che rientrino nella funzione accertativa propria del processo e non anche quelli, pur assunti nel contraddittorio, che siano funzionali esclusivamente alla procedura che in esso si inserisce per consentire all’imputato una fuoriuscita dallo stesso.

9.3 – Revoca della messa alla prova

La revoca della messa alla prova (art. 168-quater c.p.) può essere disposta; • in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, ovvero di rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità; • in caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede. Le modifiche normative recenti hanno chiarito le procedure per la revoca, garantendo un equo contraddittorio e la possibilità di presentare istanza di revisione. La messa alla prova, come ogni istituto di carattere sospensivo, è suscettibile di revoca: anche qui la disciplina è articolata fra la norma sostanziale che individua i casi di revoca (168-quater c.p.) e la norma processuale che indica le modalità in punto di rito (464-octies c.p.p.) Quanto ai casi di revoca, il legislatore ne ha previsti tre: grave o reiterata violazione del programma di trattamento o delle prescrizioni imposte; rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità; commissione durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole di quello per cui si procede. In merito alla prima ipotesi, può ritenersi “grave” la violazione che palesi un manifesto disinteresse al buon esito del programma, “reiterata”, la trasgressione che non si risolva in evenienze sporadiche, ma che si ripeta in più occasioni: l’opportunità di un’interpretazione rigorosa dei due aggettivi si rende peraltro necessaria in quanto l’uso della disgiuntiva fra gli stessi è idoneo a estendere l’ambito di applicazione di questa ipotesi di revoca. La seconda ipotesi di revoca si spiega in ragione del fatto che il lavoro di pubblica utilità costituisce il contenuto indispensabile del programma di trattamento. L’ultima ipotesi di revoca integra una smentita della prognosi di non recidiva. In presenza di una delle ipotesi come sopra indicate, il giudice, su richiesta di parte ovvero di propria iniziativa, può disporre la revoca della prova fissando a tal fine apposita udienza camerale. Il provvedimento di revoca ha la veste formale dell’ordinanza ed è, per espressa previsione normativa, ricorribile in cassazione per violazione di legge, mentre l’ordinanza con la quale si dichiara l’esito negativo della prova e si dispone la prosecuzione del processo non è impugnabile per il principio di tassatività delle impugnazioni non essendo per essa previsto alcun mezzo di impugnazione. Nel caso in cui l’ordinanza di revoca diventi definitiva per effetto del vano decorso dei termini dell’impugnazione ovvero la definizione negativa (inammissibilità o rigetto) di quest’ultima, il processo riprende il suo corso dal momento in cui era rimasto sospeso; cessa l’obbligo di esecuzione delle prescrizioni imposte; e il Pm procede allo scomputo dalla pena da eseguire del periodo di prova secondo il meccanismo di ragguaglio enunciato dall’art. 657 bis c.p.p.

In giurisprudenza, si è affermato che, in tema di revoca dell’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova, il giudice può valutare anche un procedimento penale in corso, in quanto, ove la violazione di obblighi sia costitutiva di un’ipotesi di reato, possono essere apprezzati i fatti storicamente accertati e non è necessario attendere il passaggio in giudicato dell’eventuale condanna per stabilire se il condannato sia ancora meritevole del beneficio ottenuto (Cass. 37680/2017).

10 – Diritto Intertemporale

Le nuove normative hanno sollevato alcune questioni di diritto intertemporale, in particolare per quanto riguarda l’applicazione dell’istituto ai procedimenti pendenti al momento dell’entrata in vigore delle modifiche. La giurisprudenza recente ha fornito…

11 – Casistica

  1. Ampliamento dell’ambito di applicazione La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 174 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 168-bis, quarto comma, c.p. nella parte in cui non prevedeva che l’imputato potesse essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova anche per reati connessi con altri per cui tale beneficio era già stato concesso. Questo ampliamento potrebbe essere codificato nella legge.
  2. Modifica dell’imputazione durante il dibattimento La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 14/2020, ha dichiarato illegittimo l’art. 516 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova in seguito alla modifica dell’imputazione durante il dibattimento. Questa possibilità potrebbe essere esplicitamente inserita nel codice di procedura penale.
  3. Chiarimenti sulla durata del lavoro di pubblica utilità La Cassazione penale (Sez. V, sentenza 7 giugno 2022, n. 22136) ha stabilito che il giudice, nel disporre la sospensione del procedimento con messa alla prova, non può determinare la durata del lavoro facendo generico riferimento ai parametri dell’art. 133 c.p. La legge potrebbe essere modificata per fornire criteri più specifici per la determinazione della durata del lavoro di pubblica utilità.
  4. Regolamentazione delle sanzioni accessorie La Cassazione penale (sentenza n. 17779-2021) ha chiarito che spetta al Prefetto applicare le sanzioni accessorie quando il reato è estinto per esito positivo della prova. Questo aspetto potrebbe essere esplicitamente regolamentato nella legge.
  5. Disciplina intertemporale Considerando le questioni sorte sull’applicabilità dell’istituto ai processi in corso al momento dell’entrata in vigore della legge, potrebbe essere utile introdurre una disciplina intertemporale chiara per future modifiche dell’istituto.
  6. Compatibilità con altri riti alternativi La Cassazione (sentenza n. 2736-2020) ha chiarito che non vi è incompatibilità tra la richiesta di giudizio abbreviato e l’istanza di messa alla prova. Questo principio potrebbe essere codificato, chiarendo i rapporti tra la messa alla prova e gli altri riti alternativi.
  7. Effetti dell’esito positivo della prova La Cassazione (sez. III, sentenza 28/08/2017, n. 39455) ha stabilito che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non può essere applicato in conseguenza della declaratoria di estinzione per esito positivo della messa alla prova. La legge potrebbe essere modificata per chiarire gli effetti dell’esito positivo della prova su eventuali sanzioni amministrative connesse al reato.
  8. Valutazione della gravità del reato Alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 36272-2016), la legge potrebbe esplicitare che, ai fini dell’applicabilità dell’istituto, si deve considerare solo la pena edittale massima prevista per la fattispecie base, senza tener conto delle circostanze aggravanti.

È stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 168-bis, quarto comma, c.p., nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p, con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso (Corte costituzionale n. 174 depositata il 12 luglio 2022).

È illegittimo l’[art. 516 c.p.p., nella parte in cui, in seguito alla modifica dell’originaria imputazione, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova (*Corte costituzione, sentenza n. 14/2020).

Ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina dell’istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell’art. 168-bis c.p., alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie – base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato (Cassazione penale, SS.UU., sentenza 01/09/2016, n. 36272). L’istituto della messa alla prova sia applicabile anche nel caso di più reati, ove tutti rientranti nell’ambito di applicazione dell’istituto (Tribunale Milano, sez. III penale, ordinanza 28/04/2015).

Tra richiesta di giudizio abbreviato e istanza di messa alla prova non vi è un rapporto di incompatibilità, ben potendo l’imputato chiedere di essere ammesso ad entrambi ed in tal caso il giudice dovrà innanzitutto valutare se possa essere accolta l’istanza di messa alla prova e, solo in caso negativo, procedere poi a valutare la richiesta di giudizio abbreviato (Cassazione penale, sentenza n. 2736/2020).

L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, pur avendo natura di sanzione amministrativa, non può essere applicato in conseguenza della declaratoria di estinzione per esito positivo del procedimento di sospensione con messa alla prova; ciò, in quanto tale pronuncia non prevede un preventivo accertamento di penale responsabilità e non può essere equiparata alla sentenza di condanna richiesta come presupposto dalla legge (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9)) (Cassazione penale, sez. III, sentenza 28/08/2017, n. 39455).

Spetta al Prefetto applicare le sanzioni accessorie quando il reato di guida in stato di alterazione è estinto per esito positivo della prova (Cassazione penale, sentenza n. 17779/2021).

Il giudice, nel disporre la sospensione del procedimento penale con messa alla prova, qualora non sia stata indicata la durata del lavoro nel programma Uepe, non può determinarla facendo generico riferimento ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., perché così facendo verrebbe meno l’onere motivazionale che impone di dare conto delle ragioni delle scelte operate in relazione al caso concreto (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 7 giugno 2022, n. 22136).

12 – Criticità

12.1 – In generale

  • una forma di «cripto-condanna», la quale non può prescindere da un accertamento di responsabilità dell’imputato; in secondo luogo, si osserva che, nel caso di insuccesso o di revoca della messa alla prova, e conseguente seguito del procedimento penale, ove il medesimo si concludesse con una sentenza assolutoria
  • definizione legislativa di criteri vincolanti per il giudice, finalizzati ad orientarlo nel vaglio di congruità della durata ed intensità della misura stessa. A tale ultima censura, taluni individuano un possibile rimedio nell’applicazione analogica degli indici dettati dall’art 133 per la commisurazione della pena (una forma di valutazione «virtuale» della gravità del reato e della colpevolezza dell’imputato). Un esplicito riferimento all’art. 133, Peraltro, è contenuto nelle regole procedurali connesse all’istituto (di cui si è dato cenno in precedenza). È, infatti, ai parametri dell’art. 133 che il giudice e chiamato ad attener­ si, in sede di concessione della misura, nelle sue valutazioni concernenti idoneità del Programma di trattamento presentato e la prognosi negativa sulla possibilità del reo di ricadere nel crimine (art. 464quater

12.2 – Problematiche applicative

Attualmente, l’Istituto della Messa alla Prova (MAP) per gli adulti in Italia sta affrontando alcune problematiche significative. Una delle principali criticità riguarda l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE), che è spesso sovraccarico di lavoro e fatica a gestire tutte le richieste di messa alla prova. Questo sovraccarico deriva dall’aumento delle domande di messa alla prova e dalla necessità di fornire programmi di trattamento personalizzati e relazioni periodiche al giudice​ (sistemapenale.it)​​ (Diritto.it)​.

Un altro problema rilevante è la scarsità di enti disponibili ad accogliere persone in messa alla prova per lavori di pubblica utilità. Questa carenza complica l’organizzazione e l’esecuzione dei programmi, creando ulteriori ritardi e inefficienze nel sistema​ (OSEP)​.

La circolare del Ministero della Giustizia del 2023 ha cercato di affrontare queste problematiche, introducendo linee guida per sistematizzare e razionalizzare i processi operativi e di servizio dell’esecuzione penale esterna. Tuttavia, la situazione rimane complessa e richiede ulteriori interventi per migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’istituto​ (sistemapenale.it).

12.3 – Possibili soluzioni pratiche

12.3.1 – Scelta di enti non convenzionati

La messa alla prova può teoricamente svolgersi anche con un ente non convenzionato, purché venga individuato un ente serio e rispettabile, e il programma sia approvato dal giudice. La legge richiede che il lavoro di pubblica utilità sia organizzato in modo da assicurare la supervisione e la validità del percorso riabilitativo del condannato.

Passaggi chiave per l’approvazione con un ente non convenzionato

  1. Proposta dettagliata: L’avvocato deve presentare una proposta dettagliata al giudice, spiegando perché l’ente scelto è adatto per la messa alla prova. Questo include descrivere le attività previste, il loro impatto positivo, e come queste saranno monitorate.
  2. Accordo con l’ente: L’ente deve essere disposto a collaborare e fornire un programma strutturato che rispetti i requisiti legali. Questo accordo dovrebbe includere dettagli su come verrà monitorata la partecipazione del condannato e su come verranno inviate le relazioni periodiche al giudice e all’UEPE.
  3. Approvazione giudiziaria: Il giudice dovrà valutare la proposta e decidere se accettare l’ente individuato, basandosi sulla serietà e sull’affidabilità dell’ente, nonché sull’idoneità del programma proposto a contribuire al percorso di reinserimento sociale del condannato.

Vantaggi e sfide

Vantaggi:

  • Maggiore flessibilità: Possibilità di trovare programmi più adatti alle specifiche esigenze e capacità del condannato.
  • Ampliare le opportunità: Aumenta la disponibilità di opzioni, specialmente in contesti dove gli enti convenzionati sono pochi o sovraccarichi.

Sfide:

  • Maggiore sforzo organizzativo: Richiede un impegno significativo da parte dell’avvocato e dell’ente per preparare una proposta convincente e dettagliata.
  • Necessità di approvazione giudiziaria: Il giudice deve essere convinto della validità e dell’affidabilità dell’ente proposto, il che può non essere sempre semplice.

In conclusione, sebbene la messa alla prova solitamente coinvolga enti convenzionati, è possibile proporre un ente non convenzionato a condizione che il programma sia ben strutturato e approvato dal giudice. Questo può offrire maggiore flessibilità e opportunità, ma richiede un impegno maggiore nella preparazione e nella supervisione.

12.3.2 – Valutazione esito senza relazione Uepe

(Relazione positiva implicita, vale a dire il “silenzio assenso”)

L’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) gioca un ruolo cruciale nel processo di messa alla prova, e la sua relazione è generalmente indispensabile per la decisione del giudice. Il giudice si basa sulla relazione dell’UEPE per valutare la fattibilità e l’adeguatezza del programma di trattamento proposto per il condannato. Questo perché l’UEPE ha il compito di monitorare l’esecuzione della messa alla prova e di fornire relazioni periodiche sul progresso del condannato​ (sistemapenale.it) (Diritto.it).

Importanza dell’UEPE

  1. Valutazione iniziale: L’UEPE conduce una valutazione socio-familiare e lavorativa del condannato, fornendo al giudice una panoramica dettagliata del contesto del condannato e della sua idoneità per la messa alla prova​ (OSEP)​.
  2. Supervisione e monitoraggio: Durante la messa alla prova, l’UEPE supervisiona l’esecuzione del programma, assicurando che il condannato rispetti le condizioni imposte e redigendo relazioni periodiche per il giudice​ (sistemapenale.it)​.
  3. Supporto al condannato: L’UEPE fornisce supporto e assistenza al condannato per aiutarlo a completare con successo la messa alla prova, facilitando il reinserimento sociale​ (sistemapenale.it)​.

Possibilità di procedere senza l’UEPE Anche se il ruolo dell’UEPE è fondamentale, ci sono situazioni in cui il giudice può decidere di accettare un programma di messa alla prova basato su una proposta ben documentata presentata dall’avvocato del condannato. Tuttavia, ciò richiede:

  • Documentazione solida: Una proposta dettagliata che includa una relazione completa da parte dell’ente scelto e una valutazione delle capacità e delle risorse disponibili per monitorare e supportare il condannato.
  • Accordo del giudice: Il giudice deve essere convinto che il programma proposto sia adeguato e che l’ente scelto possa garantire una supervisione efficace.

Sebbene teoricamente possibile, procedere senza la relazione dell’UEPE rappresenta un’eccezione piuttosto che la norma. Il giudice tende a fare affidamento sulle valutazioni e sul monitoraggio dell’UEPE per garantire che la messa alla prova sia eseguita correttamente e che gli obiettivi di reinserimento sociale e riabilitazione del condannato siano raggiunti.

12.3.3 – Proposta condizionata di messa alla prova

Individuare con il pubblico ministero la durata e le prescrizioni, eventualmente subordinando la messa alla prova alla accettazione di tali condizioni. Si tratta di una naturale evoluzione dell’istituto soprattutto in conseguenza del fatto che il numero e il tipo delle prescrizioni in cui può astrattamente declinarsi la messa alla proba è tale da poterla rendere estremamente gravosa.

13 – Norme

La legge n. 67/2014 ha inserito gli articoli 168-bis, 168-ter e 168-quater nel codice penale e ha modificato diversi articoli del codice di procedura penale.

13.1 – Codice penale

  • Art. 168-bis c.p. Attribuisce all’imputato (anche su proposta del pubblico ministero) la facoltà di chiedere, in determinati procedimenti penali, la sospensione del processo con messa alla prova. Di tale facoltà può beneficiare solo chi sia imputato in procedimenti per reati: • puniti con la sola pena pecuniaria; • puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria; • previsti dall’art. 550, c. 2, c.p.p. (ad es., violenza o minaccia a pubblico ufficiale o resistenza a pubblico ufficiale).
  • Art. 168-ter c.p. Specifica le modalità e le condizioni della messa alla prova, che include la prestazione di attività lavorative non retribuite a favore della collettività e il rispetto delle prescrizioni imposte dal giudice.
  • Art. 168-quater c.p. Prevede l’estinzione del reato a seguito del positivo svolgimento della messa alla prova.

13.2 – Codice di procedura penale

  • Artt. da 464-bis a 464-novies ss. e all’art. 657-bis, che disciplina il ragguaglio fra il periodo di prova dell’imputato e la pena comminata con sentenza esecutiva in caso di revoca della messa alla prova o esito negativo della stessa.

13.3 – Disposizioni di attuazione al codice di procedura penale

  • Artt. 141-bis e 141-ter. Disciplinano l’avviso del pubblico ministero in ordine alla possibilità di per la richiesta di ammissione alla messa in prova e l’attività dei servizi sociali nei confronti degli adulti ammessi alla prova.

13.4 – Altre norme

  • Art. 3 (L), c. 1, lett. i-bis, D.P.R. 14.11.2002, n. 313 (T.U. in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti). Prevede l’iscrizione nel casellario giudiziale dell’ordinanza che, ai sensi dell’articolo 464-quater c.p.p. dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova.
  • Art. 73 comma 5-bis del d.p.r. 309/1990 e articoli 186 comma 9-bis e 187 comma 8-bis del d.lgs.285/1992 per lavori di pubblica utilità nella guida in stato di ebbrezza.

13.5 – Norme che hanno introdotto modifiche

Dal 2014 (data di introduzione dell’istituto nel codice penale) ad oggi, la messa alla prova ha subito alcune modifiche e integrazioni, principalmente attraverso la giurisprudenza e interventi legislativi minori che hanno chiarito e migliorato l’applicazione pratica dell’istituto.

  1. La legge 19 luglio 2019, n. 69 (c.d. Codice Rosso)
    • Ha vietato la concessione della messa alla prova per reati di violenza domestica e di genere. La messa alla prova rimane accessibile per le ipotesi meno gravi, a condizione che l’imputato dimostri un reale impegno verso la riparazione del danno e la partecipazione ad attività di pubblica utilità.
  2. Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma Cartabia):
    • Ha esteso dell’ambito di applicazione ad un maggior numero di reati: La riforma ha ampliato l’ambito di applicazione della messa alla prova, consentendola anche per alcuni reati più gravi rispetto al passato, purché non si tratti di reati particolarmente violenti o contro la persona.
    • Ha semplificato le procedure: Sono state introdotte misure per semplificare e velocizzare le procedure di richiesta e concessione della messa alla prova.
    • Ha revisionato le prescrizioni: Sono stati aggiornati i criteri per le prescrizioni da rispettare durante il periodo di prova, con un maggiore focus sulla riparazione del danno e sull’impegno sociale.

14 – Giurisprudenza

  • Corte Costituzionale, sentenza n. 174/2022
  • Corte Costituzionale, sentenza n. 14/2020
  • Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 22136/2022
  • Cassazione penale, sentenza n. 17779/2021
  • Cassazione penale, sez. III, sentenza n. 39455/2017
  • Cassazione penale, sentenza n. 2736/2020

15 – Bibliografia

  • AA.VV., Sospensione del procedimento con messa alla prova, in Manuale di diritto penale. Parte generale, Simone, ed. XXXIX, 2024;
  • AA.VV., Sospensione del procedimento con messa alla prova, in Memento pratico di procedura penale, Giuffrè Francis Lefebrvre, 2023;
  • G. Amato, Sul procedimento della sospensione con messa alla prova incide la sola pena in Quotidiano del Diritto 31.8.2015;
  • G. Amato, Un presupposto incompatibile con l’istituto, in Guida dir., 4.7.2015 – n. 28 – pp. 78-80;
  • G. Amato, Un’azzardata interpretazione estensiva della norma, in Guida dir. 3.10.2015 – n. 40 – p. 68-70;
  • G. Amato, L’impegno è servizi sociali e lavori di pubblica utilità, in Guida dir. 17/05/2014 – n. 21 – p. 87;
  • F. Bardelle, I primi arresti della Cassazione sulla messa alla prova, in www.penalecontemporaneo.it, 10/06/2015;
  • R. Bartoli, La sospensione del procedimento con messa alla prova: una goccia deflattiva nel mare del sovraffollamento?, in Dir. pen. proc., 2014, p. 661 ss.;
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16 – Risorse

  • Pagina del Tribunale di Milano con link agli elenchi e alle convenzioni.

17 – Appendice normativa